MONDI OPPOSTI – Educazione e Istruzione nei Paesi Industrializzati

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Paesi Industrializzati

Il mondo è attraversato da una grande emergenza. Non è innanzitutto quella politica e neppure quella economica, ma qualcosa da cui dipendono anche la politica e l’economia. Si chiama “educazione”. Riguarda ciascuno di noi, perché attraverso l’educazione in famiglia si costruisce la persona, e quindi la società.

educazione022L’America è di fronte a grandi cambiamenti e deve preparare i suoi figli a competere nell’economia globale. Le decisioni che i prossimi leader prenderanno sull’educazione negli anni futuri influenzeranno profondamente le prossime generazioni di americani. Ma in uno scenario del genere, sempre più integrato e interconnesso, le imprese possono ‘piantare’ i loro lavoratori in qualsiasi parte del mondo, basta che abbiano una connessione Internet. Quando 2/3 dei nuovi lavori richiedono una educazione superiore o una formazione avanzata – la conoscenza è il valore fondamentale da poter vendere per trovare una occupazione. Se gli Usa intendono costruire le auto che in futuro si guideranno nel Paese, dovranno mettere insieme un congruo numero di ricercatori ed ingegneri, superiore a quelli della Cina, della Corea del Sud, e del Giappone. Ma i trend sembrano andare nella direzione opposta. Gli studenti delle scuole superiori perdono colpi in matematica e nelle scienze, pur restando quello americano il più alto livello del mondo industrializzato.E’ giusto promettere che ogni bambino avrà diritto a una educazione con un buon insegnante.

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E’ giusto ridurre il gap tra le aree rurali e quelle urbane del Paese. Sono giusti gli standard di valutazione più alta. Abbiamo bisogno di una nuova visione per l’educazione nel XXI secolo. In cui non dovremo solo dare sostegno alle scuole che già esistono, ma aumentare l’innovazione; non cercare solo più denaro, ma chiedere più riforme; far prendere coscienza ai genitori della responsabilità che hanno nel successo dei loro figli; reclutare, formare e premiare un nuovo esercito di insegnanti, che rendano lo studio qualcosa di eccitante per i ragazzi, in modo che questi ultimi si sentano davvero protagonisti della scuola del futuro; e infine dovremo aspettarci di dare ai nostri figli non solo il diploma liceale ma anche una laurea e quindi un lavoro pagato bene. In quasi tutti i paesi, la gente ritiene che il proprio sistema educativo sia oltremodo carente. E le statistiche lo confermano. Negli Stati Uniti, ad esempio, tra il 1980 e il 2005, la spesa pubblica per ogni studente di scuola elementare e secondaria aumentò del 73%, così come a crescere fu il numero di insegnanti, riducendo drasticamente il numero di allievi seguiti da ogni docente. Inoltre, sono state attuate diverse iniziative volte a migliorare l’insegnamento.

Niente ha funzionato. In quel quarto di secolo, i risultati delle valutazioni sostenute dagli studenti non sono migliorati. I giudizi ottenuti nelle prove dilettura da parte degli studenti di 9, 13 e 17 anni nel 2005 sono stati gli stessi del 1980. Quelli di matematica sono saliti leggermente, ma non in maniera degna di nota. In una conferenza rivolta ai governatori del proprio paese, Bill Gates dichiarò di «essere sbigottito e di vergognarsi» del livello di istruzione superiore e proseguì affermando che «le nostre scuole sono un fallimento, piene di difetti e arretrate.

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Solo un terzo dei diplomati sono abbastanza preparati per diventare cittadini, lavoratori e studenti universitari». Lo stesso succede in altri paesi. Nello stesso periodo quasi tutti gli stati più ricchi hanno aumentato notevolmente la spesa destinata all’istruzione, e non soltanto hanno fallito nell’impresa di migliorare il sistema, ma in alcuni casi si sono verificate significative involuzioni. Nessuno sa esattamente come agire.

educazione027Più computer in classe? Stipendi più alti ai docenti? Classi meno numerose? Autonomia dell’istruzione? Centralizzazione? Aumento degli incentivi affinché si stimoli la concorrenza tra scuole e insegnanti? Più risorse destinate al sistema educativo? Ogni strada è stata percorsa, senza raggiungere risultati significativi. Un discorso a parte va fatto per il sistema universitario e della ricerca scientifica negli USA. Bisogna dire infatti che, da una parte, i cittadini statunitensi che possono permettersi di continuare gli studi fino alla laurea ed oltre, stanti le tasse di iscrizione esorbitanti dei “campus” statunitensi, sono un’infima minoranza nella popolazione. Tuttavia, chi riesce ad accedere alla “torre d’avorio” riceve una formazione di altissimo livello, in quanto di soldi negli istituti USA ne girano molti – soprattutto ovviamente per i settori di interesse per l’impresa privata, e per gli studi nei settori strategici. Uno dei punti di forza del sistema universitario statunitense è proprio il suo essere ben adattato alla necessità di offrire una educazione superiore di massa in una società moderna e complessa, un’educazione quindi che sia per forza di cose non omogenea ma diversificata e flessibile in modo da riuscire a soddisfare le richieste molto varie che provengono dalla società. Nell’ambito di questa diversificazione, è preservata in particolare l’esistenza di canali di eccellenza in cui formare l’intellighenzia e la classe dirigente del paese. Un’altra caratteristica peculiare del sistema statunitense è data dalla larga diffusione di principi educativi, idealmente ispirati agli studi medioevali delle “arti liberali”, che mirano sostanzialmente ad un’educazione superiore che sia soprattutto formativa, più che volta all’apprendimento professionale.

educazione130Un aspetto in cui il sistema statunitense differisce da tutti quelli europei è poi la sua capacità di autoregolazione, cioè la capacità di evolvere e adattarsi automaticamente ai mutevoli bisogni della società, senza richiedere continui interventi da parte del controllo politico. I principali meccanismi che permettono l’autoregolazione e l’evoluzione del sistema universitario sono a mio parere i seguenti:

  1. c’è una forte competizione di stampo concorrenziale tra le università e i college per acquisire i migliori studenti, i migliori docenti e la maggior quota di finanziamento per la ricerca e per lo sviluppo dell’università;
  2. questa competizione avviene nel quadro di una marcata diversificazione sia della qualità dell’istruzione impartita che della missione dei vari istituti, in modo tale che vengano “riempiti” efficacemente tutti gli spazi creati dalla domanda formativa che proviene dalla società;
  3. l’accreditamento dei titoli di studio e degli istituti universitari, che sostituisce integralmente il valore legale del titolo di studio tipico di molti paesi europei, costringe le università a misurarsi periodicamente con standard qualitativi nazionali di riferimento, standard che tra l’altro non sono statici ma evolvono a loro volta costantemente;
  4. la trasparenza e la diffusione dell’informazione sulla qualità dei vari istituti viene anche trainata dalla pratica tipicamente anglosassone dei rankings, cioè di stilare classifiche delle universita’ e dei college sulla base di vari criteri valutativi, classifiche le quali a loro volta influenzano il prestigio degli istituti e il valore di mercato dei titoli di studio da essi conferiti.

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Questi meccanismi in ultima analisi creano incentivi ai comportamenti virtuosi degli atenei più dinamici e vitali e penalizzano la degenerazione qualitativa a cui inevitabilmente altri istituti finiscono con l’andare incontro.

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